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Ghosting e breadcrumbing: le nuove dinamiche relazionali dell’era digitale.
Fenomeni comportamentali di nuova generazione
che sempre più spesso falciano vittime lasciando profonde crepe difficili da rimarginare. Stiamo parlando di ghosting, di breadcrumbing, ma anche di mosting, zombieing, haunting e altro ancora.
Atteggiamenti subdoli e vigliacchi che nella comunicazione online hanno trovato la loro massima espressione.
Senza voler scaricare sull’era digitale la colpa di un uso improprio o pericoloso che se ne può fare, il terzo millennio è caratterizzato da una forma di comunicazione a distanza che trova il suo apice tra i social network e le chat di messaggeria istantanea. E i figli di questa generazione sono quelli che maggiormente si sono conformati a pieno ritmo con i nuovi sistemi di interazione.
Like, follower, reaction, visualizzazioni, tutto si svolge dietro lo schermo di un pc o di uno smartphone. Diventa molto più facile conoscere persone nuove così come diventa comodo sparire all’improvviso, spegnere il telefono, bloccare un contatto. In poche parole sparire come un fantasma.
Che cos’è il ghosting?
La maggior parte delle statistiche effettuate su questo fenomeno riguarda soprattutto le situazioni sentimentali. Amicizie o rapporti di coppie che finiscono improvvisamente, senza che ci sia un confronto, un dialogo. Si preferisce indossare un mantello dell’invisibilità e fuggire via. Bloccare, silenziare, sparire completamente dalla vita dell’altro.
Comportamento, questo, che ovviamente crea non poco squilibrio nella mente di chi lo subisce.
Di solito questi eventi sono definitivi e il ghoster sparisce per sempre, facendo perdere le sue tracce o comportandosi come se l’altra parte non esista. Altre volte invece è possibile che si verifichi un altro tipo di fenomeno chiamato zombieing. Facile intuire il significato di questa parola che viene a identificare il ritorno del fantasma.
Ma perché succede tutto questo? Cosa porta il ghoster a evitare il confronto, a fuggire?
Incapacità di empatizzare con il dolore dell’altro o ancora di più l’incapacità di gestire il proprio dolore. E allora molti sintetizzano la patologia con un termine che conosciamo tutti fin troppo bene: “codardia”. Ma è davvero solo una questione di mancanza di coraggio o piuttosto di vera e propria sociopatia?
In un articolo pubblicato nel New York Times del 2019, Adam Popescu sottolineò come il fenomeno del ghosting (letteralmente: sparire come un fantasma) non potesse essere relegato solo al mondo del digital flirt, ma che anche nella vita reale e professionale si potevano palesare ghoster incapaci di chiudere un rapporto in maniera civile e a testa alta.
A creare il problema, infatti, non è la chiusura in sé, quanto il modo che viene usato per farlo.
Secondo quanto riportato dalla rivista NewScientist, questo fenomeno venne studiato seriamente per la prima volta nel 2015 dalla dottoressa Jennice Vilhauer, incuriosita dalle numerose testimonianze dei suoi pazienti rimasti vittime di “fantasmi”.
Niente a che fare con il paranormale, quanto piuttosto con un abbandono improvviso e senza apparente motivo da parte di persone che da un momento all’altro erano letteralmente sparite dal web. Relazioni nate sui social, in cui spesso i contatti rimanevano esclusivamente legati al mondo digitale e che perciò rendeva impossibile rintracciare il ghoster per avere delle spiegazioni.
Amicizie, rapporti di lavoro, relazioni sentimentali più o meno coinvolgenti che si interrompevano in modo brusco, bloccando, silenziando, cancellando account. Reazioni che ovviamente nelle vittime creavano dei forti traumi psicologici che sfociavano in profonde insicurezze, dubbi su colpe o responsabilità che non si erano sapute riconoscere in tempo.
“È colpa mia? Avrò fatto qualcosa che lo ha fatto allontanare? Non sono all’altezza delle sue attenzioni? Mi sta punendo per qualcosa?”
Mille domande senza risposta su cui i terapisti si sono dovuti applicare parecchio per recuperare condizioni traumatiche di diversa entità. Ricordiamoci sempre che dietro ogni account c’è un essere vivente che può trasformarsi in vittima o carnefice di comportamenti deleteri.
Secondo Vilhauer, infatti, è proprio questa ambiguità a creare maggiore danno. Un “trattamento del silenzio” che innesca pericolosi giochi mentali di auto imputazione difficilmente guaribile.
Il ghoster, d’altra parte, è un soggetto insicuro, che agisce con vigliaccheria davanti a una situazione che non sa come affrontare. La paura di metter fine a un rapporto, di affrontare con dignità la chiusura, lo porta ad agire con codardia e a sparire completamente senza dare spiegazioni.
Breadcrumbing: il degno erede del ghosting.
Fenomeno che il dizionario McMillan definisce così: “qualcuno invia messaggi o lancia segnali che suggeriscono interessamento, mentre in realtà è sottintesa la reale intenzione di non iniziare una vera relazione”.
Insomma una vera e propria “agonia dell’attesa digitale”, per usare le parole del New York Times.
Un comportamento che, secondo Kerry Maxwell, nasce da una forma particolare di narcisismo, autocompiacimento, noia o incapacità a impegnarsi, se non addirittura di insicurezza, che spinge a voler mantenere il flirt sotto il proprio controllo.
Briciole di pane (questo il significato letterale di breadcrumbing) che vengono elargite in maniera sporadica ma ben studiata per mantenere costantemente attivo l’interesse dell’altra parte senza mai arrivare al dunque.
Siamo quindi in presenza di un fenomeno molto pericoloso e da cui è davvero difficile separarsi e reagire. Un circolo vizioso malato e deleterio, in cui la vittima viene costantemente tenuta in sospeso tra periodi di distacco e nuove attenzioni che destabilizzano e provocano cali di autostima, combinati a malesseri psicofisici difficili da smaltire.
A differenza di un comune flirt a mancare, qui, è proprio il vero interesse verso la vittima che, quindi, viene “usata” per soddisfare il proprio egocentrismo o spezzare la noia.
Altri fenomeni comportamentali.
Abbiamo capito la pericolosità del ghosting e del breadcrumbing, ma accanto a questi è giusto ricordare brevemente altre situazioni a cui occorre prestare attenzione per non rimanere impigliati in relazioni nocive.
Mosting : atteggiamento di chi dopo tante esternazioni d’affetto raffredda i toni e interagisce sempre meno.
Blue-Stalling: l’atto di stare insieme a qualcuno senza riconoscerlo e ufficializzarlo fino in fondo.
Zombieing: il ghoster che dopo un lungo periodo di silenzio si fa risentire senza che niente fosse.
Orbiting: una ricomparsa se non addirittura una mancata sparizione dopo che la storia è finita
Haunting: ex che riemergono insistentemente tramite like, visualizzazioni e altre reaction online.
Conclusioni
La comunicazione digitale ha sicuramente offerto nuove opportunità di conoscere e confrontarsi con persone che altrimenti non avremmo mai avuto la possibilità di incontrare.
Tantissime coppie si sono conosciute online e continuano ad amarsi. Così come sono innumerevoli i rapporti di lavoro stabili e duraturi nati su piattaforme professionali. Ma il web è tanto affascinante quanto pericoloso e doversi difendere da haters o troll non basta più.
Senza dimenticare che questo lungo periodo di chiusura dovuto alla pandemia ha fatto da terreno fertile per il proliferare di atteggiamenti deleteri e dannosi compiuti attraverso la comunicazione digitale.
Parlare, conoscere, confrontarsi e comprendere le nuove dinamiche relazionali è fondamentale per non rimanere vittime di gabbie emotive da cui poi è difficile, ma non impossibile, liberarsi.
Io stessa ho subito alcuni di questi comportamenti e sto ancora lavorando su me stessa per superarne le conseguenze a livello psicologico. Se è così anche per voi, sarei ben felice di avere un vostro riscontro.
Scrivetemi, raccontandomi la vostra esperienza.