info@vivianapignelli.it
Il rosmarino non capisce l’inverno di Matteo Bussola
Il rosmarino non capisce l’inverno. Riflessioni sul romanzo
Non mi sento di voler impostare questo scritto come una recensione all’opera di Matteo Bussola. Tanto più che, senza entrare nel particolare di un attento esame critico, lo considero uno dei libri più belli che abbia letto in questo ultimo periodo. Consigliato da una persona che conosce i particolari di uno stato psicofisico in cui riverso da troppo tempo, questa lettura mi si è stampata nel cuore, come un passe-partout per le stanze della mia anima.
Vorrei dire che è strano che un uomo possa esser capace di leggere e raccontare l’animo femminile, ma a conti fatti questo romanzo tratta solo di protagoniste femminili e lo fa con una delicatezza e una perfezione encomiabili.
Ho deciso quindi di appuntarmi le considerazioni, le emozioni e ogni cosa che mi suscitasse la lettura di queste pagine. Così eccomi qui, a cercare di mettere ordine tra il tumultuoso frastuono delle mie emozioni.


A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all’improvviso di avere soffocato la propria? Di non essersi mai davvero prestata ascolto?
Cos’hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte in cui, per la prima volta, lo hai capito?
Ecco, questa prima domanda, messa lì a far scatenare già il primo terremoto emotivo. Non sto qui a quantificare la mia capacità di autocritica. Non mi interessa sapere se ho torto o ragione. Però mi ci ritrovo tantissimo in questa frase. Una domanda che non fa giri di parole arriva dritta alla parte più nascosta dell’anima. Perché sì, tante volte ci si ritrova a pensare di aver soffocato la propria voce.
Ci si rende conto di aver sempre agito, pensato, deciso, seguendo la volontà, la voce, il bisogno degli altri. Anche quando qualcuno ci dava la colpa per un comportamento egoistico, noi in realtà, agivamo spinti dal desiderio di soddisfare la voce di altri. Senza accorgercene.
Fino a che un giorno, quasi per caso, ci rendiamo conto che la nostra voce, poco più di un sibilo proveniente da una parte tenuta nascosta per anni nella nostra anima, ha sempre provato a guidarci verso quello che davvero volevamo. Ed è molto difficile iniziare a fidarci di quella voce, credere che davvero la nostra identità sia meritevole di ascolto.
Una parte di noi, forse la più codarda, è sempre stata consapevole del fatto che i giudizi di egoismo a cui eravamo sottoposti, fossero giustificati da un volere che non ci apparteneva. Molto più complesso l’esame di coscienza per aver agito secondo le nostre esclusive intenzioni.

Cara, vedi, il fatto è che spesso siamo i nostri peggiori nemici, – dice. – Perché preferiamo fare quello che ci riesce, o ciò che le persone che ci amano si aspettano da noi, piuttosto che fare quello che ci piace davvero. Preferiamo sentirci adatti a un ruolo già scritto, andare sul sicuro. E alla mia età posso dirtelo serena: è un gran peccato».

Per quanto possiamo sentirci liberi dal giudizio degli altri, raramente riusciamo a spogliarci davvero del senso di colpa per aver arrecato dolore con i nostri gesti, le nostre scelte. Finiamo così con il crearci barriere fatte di paure, di incertezze, di ipotetici, futuri e ignoti sensi di colpa. Diventiamo noi stessi carnefici della nostra infelicità. Troppo travolti dal bisogno di non ferire nessuno, ci puntiamo il coltello alla gola, osservando inermi il sangue che ne sgorga fuori. Sì, siamo noi i primi nemici di noi stessi e questa realtà fa ancora più male quando cerchiamo di difenderci da chi ci accusa di non far nulla di concreto per cambiare il nostro destino.
Ci si chiede come sia possibile, sacrificare il bene di chi amiamo per salvare il nostro. E non sono solo scuse, o forse non riusciamo mai davvero ad afferrarne il senso.
Che ci si nasconda dietro queste fievoli scuse? Non so quanto la mente umana possa esser compresa a fondo, né all’esterno, né tantomeno da noi stessi. Ma a parlare sono le emozioni, le sensazioni che ci scorrono dentro la pelle, quelle che non riusciamo mai a esternare completamente. Quelle che vivono nella nostra gola, pronte a serrare i ranghi e creare quel maledetto nodo che ci cambia la voce, ci taglia il respiro. Ci fa ammalare.
Il rischio per me è sempre stato un gran nemico da combattere. Specialmente con i sentimenti. Pur se finisco sempre per non rendermi conto di quanto sia arrivata vicino al precipizio, senza sapere come ci sia arrivata. Le mie carte sono sempre più basse di quelle che credo abbiano gli altri, e allora mi tiro indietro. Esco dal gioco, rimanendo comunque seduta al tavolo. Nessuno deve saperlo, loro vogliono che io giochi, che rischi, che mi “diverta”. E io sto lì… a far divertire loro.
Per acquistare il romanzo di Matteo Bussola “Il rosmarino non capisce l’inverno” clicca sul link